Pubblicità, affissioni e minori: le leggi per la tutela dei bambini

La pubblicità è l’anima del commercio: uno slogan trasversale, questo, attraverso cui spesso si prova a raccontare ben più di quanto non appaia evidente ad una rapida ed immediata interpretazione letterale della definizione. Perché in effetti, da sempre, ‘reclamizzare’ un prodotto (o un servizio) può voler significare renderlo concretamente ‘vivo’. O per meglio dire: noto. È evidente infatti che un prodotto, in quanto tale, completato il suo ciclo di produzione acquisisce uno status di identità, di esistenza: però ‘arrivare’ a dama, come si suol dire, è spesso un altro paio di maniche. Essere noto, farsi conoscere, arrivare al grande pubblico può voler dire – e necessitare – di ben altro. Appunto: di pubblicità.

Farlo in modo congruo, adeguato e legale è, tuttavia, altrettanto se non ancor più rilevante e fondamentale. Le regole per poter proporre un prodotto o un servizio al pubblico, e dunque al mercato – tramite una campagna di informazione, comunicazione e divulgazione dello stesso – sono essenziali: e sono rigide, rigorose, in alcuni casi inappuntabili e inderogabili. Soprattutto se nel caso dei minori.

Col termine ‘minori’ si finisce per immaginare l’inevitabile neonato in fasce: è chiaro, tuttavia, che per ‘minori’ (o minorenni) si intendano – per legge – tutti coloro i quali non abbiano raggiunto lo status della maggiore età: e dunque quella autonomia e libertà che derivano dal passaggio, col compimento dei 18 anni, ad un livello di emancipazione a partire dal quale si entra ufficialmente tra gli ‘adulti’. Da lì in poi scattano diritti, doveri e facoltà che precedente non sono permesse. Al contempo, tutto ciò che si verifica ‘prima’ di tale soglia anagrafica deve inevitabilmente passare sotto una sorta di ‘scure’ normativa e legale che preveda la massima tutela dei soggetti per definizione minori: e, in quanto tali, considerati ‘soggetti deboli’ dal nostro tessuto normativo. Anche dal punto di vista della comunicazione e quindi, nel caso specifico, della pubblicità.

Pubblicità e minori: quali sono le leggi per la tutela dei bambini

La legge si è da tempo occupata della tutela dei bambini e dei minori dalla e nella pubblicità. Ad esempio, l’ art. 14 della L. 8/2/1948, n. 47, contiene le disposizioni sulla stampa, disponendo l’applicazione dell’ art. 528 del Codice penale (relativo a pubblicazioni e spettacoli osceni) anche alla pubblicazioni destinate ai minori – bambini e adolescenti – quando fossero tali da offendere il loro sentimento morale o a costituire incitamento alla corruzione, al delitto o al suicidio, ed in particolare circa i giornali e periodici destinati all’ infanzia, qualora favorissero istinti violenti o antisociali.

Situazione analoga è quella relativa alle affissioni che possano riguardare i minori: le quali sono state disciplinate dalla L.12/12/1960, n. 1591, riguardante affissioni e l’esposizione al pubblico di manifesti, immagini, oggetti contrari al pudore o alla decenza. In questo senso il relativo art. 1 ha stabilito sanzioni pesanti per chi fabbrichi, introduca o affigga, immagini tali da offendere il pudore o la pubblica decenza dei minori di anni 18, in riferimento a tutte le esigenze della loro tutela morale.

In tal senso, nel nostro Paese a livello storico un passaggio chiave è stato quello rappresentato dalla cosiddetta Legge Mammì, che si occupa della disciplina del sistema radiotelevisivo nella sua interezza. Infatti, in ottica di tutela dei minori la stessa sanciva che la pubblicità radiofonica e televisiva non dovesse arrecare pregiudizio morale o fisico ai minorenni, e ne vietava il relativo inserimento nei programmi di cartoni animati. In seguito, il D.M. n. 425 del 30/11/1991 indicava che la pubblicità televisiva, sempre al fine di non arrecare pregiudizio morale o fisico ai minorenni, doveva evitare di esortarli direttamente all’acquisto di un prodotto o di un servizio sfruttandone l’inesperienza e la credulità, parimenti a persuadere i genitori o altre persone all’acquisto. La pubblicità televisiva, inoltre, doveva astenersi dallo sfruttare la loro particolare fiducia nei confronti di genitori, insegnanti ed altre persone o mostrare, senza motivo, minorenni in situazioni pericolose.

Codice di autoregolamentazione, la svolta del 2002

Il D. Lgs. n. 74/1992, in seguito abrogato con l’ introduzione del ‘Codice del consumo’, considerava comunque ingannevole la pubblicità che suscettibile di raggiungere bambini ed adolescenti potesse, anche indirettamente, minacciarne la sicurezza o che abusasse della loro naturale credulità o mancanza di esperienza. Era, in quest’ottica, considerato ingannevole il messaggio pubblicitario che impiegando bambini ed adolescenti, abusasse dei naturali sentimenti degli adulti per i più giovani.

Nel 2002 veniva poi  approvato dalle imprese televisive un Codice di autoregolamentazione Tv e minori tramite cui le emittenti, nella consapevolezza della minore capacità di giudizio e di discernimento dei più giovani, decidevano di impegnarsi a controllare i contenuti della pubblicità, dei trailer e dei promo dei programmi, e a non trasmettere pubblicità e auto-promozioni che potessero ledere l’ armonico sviluppo della personalità dei minori, o che potessero costituire fonte di pericolo fisico o morale per gli stessi.

A questo punto, normativamente, vennero sanciti ben tre differenti livelli di protezione. La protezione generale si applica a tutte le fasce orarie di programmazione, nelle quali i messaggi pubblicitari non possono presentare i protagonisti minori impegnati in atteggiamenti pericolosi o intenti al consumo di alcool, di tabacco, di sostanze stupefacenti (né presentare in modo negativo l’ astinenza o in modo positivo l’assunzione di tali
prodotti), né possono esortare direttamente i più giovani all’ acquisto, abusando della loro naturale credulità e inesperienza. In aggiunta, la pubblicità non deve indurre in errore sulle prerogative, sulla natura, sul prezzo, sugli accessori dei giocattoli.

Il secondo livello di protezione contemplato dal Codice di autoregolamentazione Tv e minori riguarda le fasce orarie dalle 7 alle 16 e dalle 19 alle 22,30, ovvero quando si presume che il pubblico minorile davanti al televisore sia numeroso, ma supportato in teoria dalla presenza di un adulto. In queste fasce orarie, la protezione è rafforzata: vanno dunque evitate tutte le pubblicità direttamente rivolte ai minori che possano costituire pregiudizio al loro equilibrio psichico e morale, come pure le situazioni che possano indurli a ritenere che il mancato possesso del prodotto pubblicizzato significhi inferiorità o mancato assolvimento dei loro compiti da parte dei genitori o, ancora, situazioni che possano violare norme di comportamento socialmente accettate o che screditino l’ autorità, la responsabilità e i giudizi dei genitori, degli insegnanti o di altre persone. O ancora, situazioni di ambiguità tra bene e male, che disorientino i più giovani.

Il terzo ed ultimo livello prevede invece una protezione specifica, da applicarsi nella fascia oraria di programmazione tra le 16 e le 19, ovvero quando si presume che il minore si possa trovare da solo davanti allo schermo, nonché all’interno dei programmi direttamente rivolti ai minori. In questa fascia, i messaggi pubblicitari devono essere preceduti, seguiti e caratterizzati da elementi che facciano chiaramente percepire – anche a bambini che non sappiano ancora leggere o da minori disabili – la discontinuità rispetto alla trasmissione. Durante il livello di protezione specifica non possono essere diffusi annunci pubblicitari di bevande alcoliche o superalcoliche, di servizi telefonici a valore aggiunto a carattere di intrattenimento, di profilattici e contraccettivi (ad esclusione della campagne sociali).

Legge Gasparri e correzioni a partire dal 2006

Con l’entrata in vigore della c.d. Legge Gasparri nel 2004 sull’assetto del sistema televisivo, è stato quindi vietato l’impiego di minori di anni quattordici nei messaggi
pubblicitari radiotelevisivi e negli spot. Questo ha complicato non poco i piani del mondo della comunicazione, essendoci prodotti che per loro natura non possono non essere promossi attraverso immagini del mondo infantile: ad esempio passeggini, biberon, alimenti per lo svezzamento o simili.

Il divieto parve subito controverso, anche perché i minori continuavano ad essere utilizzabili per i messaggi stampa e per le affissioni, concernendo il divieto solo la radio e la televisione. Un’ altra anomalia della norma si palesò in relazione al fatto che mentre l’utilizzo di minori degli anni quattordici era consentito in programmi radiotelevisivi sia pure nel rispetto del regolamento (emanato nel 2006), l’uso di bambini era invece vietato tout court in pubblicità, dove peraltro la presenza è molto breve e in teoria molto meno invasiva rispetto, ad esempio, a quella necessaria per registrare le puntate di una sit-comedy.

Tale divieto venne poi abrogato con la legge 6 febbraio 2006, n. 37.Aldilà dei casi specifici, ad ogni modo, il Testo unico della radiotelevisione del 2005, il Codice di autoregolamentazione Tv e minori e il Codice del Consumo nella sua versione modificata dal D. Lgs. n. 146/2007, rappresentano comunque tre pietre miliari degli sforzi che le istituzioni hanno sostenuto per porre in essere adeguate misure a tutela dei minori in relazione ad ogni forma di produzione pubblicitaria – dalle affissioni alle réclame televisive – con particolare riferimento alla partecipazione e al coinvolgimento degli stessi in programmi, messaggi pubblicitari, promozioni, e ogni altra forma di comunicazione commerciale e/o pubblicitaria.

Dalle pratiche ingannevoli, dagli abusi relativi alla “naturale credulità o mancanza di esperienza” dei minori, fino al ferimento dei ‘sentimenti e suscettibilità’ fino ad arrivarne a minarne l’equilibrio psicologico e a minacciarne, anche indirettamente la sicurezza, queste leggi – insieme al Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale – forniscono una sorta di vademecum procedurale, comportamentale e legale a cui attenersi.

Codice di autodisciplina commerciale e regole di tutela per i minori

Proprio il Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale, ad esempio, si occupa di pubblicità e minori con gli articoli 11 e 28 bis, prescrivendo di dover porre una cura particolare nella creazione dei messaggi che si rivolgessero ai bambini, in modo che non contengano nulla, dall’illustrazione ai testi, che possa danneggiare psichicamente, moralmente o fisicamente i minori stessi o possa abusare della loro naturale credibilità.

Ogni azienda o società, tanto privata quanto pubblica, è tenuta dunque all’integrale rispetto – qualunque sia il ‘terreno’ su cui opera a livello di diffusione e produzione di contenuti di natura pubblicitaria – delle prescrizioni contenute in tale perimetrazione normativa in vigore. E dunque ciò è valido anche nel settore specifico della cartellonistica, ad esempio in tutte le casistiche in cui vi sia esposizione di immagini riferite o collegate a minori. Princìpi e caratteristiche, dettagliatamente specificate dalla norma, che ogni azienda o agenzia di comunicazione dovrà ben conoscere e tener presente in ogni eventuale realizzazione conto terzi. Ed è anche e soprattutto questo il motivo del perché per le proprie azioni di comunicazione e relativa realizzazione dei connessi supporti, non ci si dovrebbe mai affidare a soggetti che non abbiano una documentabile lunga e solida esperienza. In tal senso nel Lazio, ad esempio, esiste un’azienda come la Servitia Communication srls di Monte San Giovanni Campano che – tra le altre attività svolte – si occupa da decenni di creazione e realizzazione di prodotti tipografici, editoriali, digitali e, nello specifico, di articoli pubblicitari e cartellonistica. Da sempre con il massimo della competenza e rigorosa applicazione delle normative in vigore.



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