Roma capitale degli Hikikomori, sempre più giovani chiusi in casa: sono triplicati nel post-covid
Ospite in collegamento: dott. John Scupelli, psicologo e psicoterapeuta
“È solo la punta dell’icerberg” dicono gli esperti. Il disagio giovanile è complesso, profondo, allarmante: possiamo continuare a parlarne facendo ipotesi, dando la colpa a questo o a quello, o possiamo semplicemente constatare che qualcosa è andato storto, che tutti abbiamo fallito in qualche modo.
Il bullismo, la violenza, le dipendenze e ora anche quel termine giapponese, hikikomori, che testimonia la completa incapacità di questi ragazzi di creare rapporti, di affacciarsi sul mondo. Sono ragazzi che scelgono di sparire lentamente dalla vita sociale e lo fanno in silenzio, senza farsi notare. Non ci sono quasi mai gesti estremi o plateali come nel caso dei disturbi alimentari o degli atti di autolesionismo. Il primo campanello d’allarme potrebbe essere la scuola: questi ragazzi non ci vogliono più andare. Poi la variazione del ritmo sonno-veglia: giovani che vivono di notte, magari collegati in rete, e dormono di giorno. Infine, giovani che manifestano variazioni umorali repentine e difficoltà a gestire lo stress.
A Roma poi gli hikikomori sono triplicati da dopo la pandemia: nel 2017 i pazienti con la problematica erano 209, dal 2020 sono diventati 700 l’anno. Mentre in tutta Italia sarebbero 100 mila.
Disturbi dell’alimentazione e dell’ansia
C’è poi il numero di consulenze per i disturbi dell’alimentazione e dell’ansia che ha superato le 1.400 richieste nel 2024. E la stima dei casi sommersi ammonta al 70%. le strutture e i servizi non reggono il passo: tanto per capirci, nel Lazio ci sono solo 70 posti letto per patologie come queste e i fondi sono stati tagliati. Scarsa attenzione? Carenza di fondi? Le solite vecchie storie, le solite vecchie giustificazioni. Nel frattempo cosa raccontiamo a questi giovani e cosa ai loro genitori? Che devono salvarsi da soli? O peggio ancora, che il sistema sanitario nazionale non è in grado di garantire un diritto e quindi meglio aprire il proprio portafoglio?
Violenza dilagante, dipendenze e bullismo
Ci sarebbe poi un’altra (immensa) parentesi da aprire: quella legata alla violenza, al bullismo e alle dipendenze. Sembrerebbero tre campi diversi tra loro, slegati, ma non è così. Il ragazzo che bullizza, quello che è violento e quello che fa uso di stupefacenti e alcool sono davvero così diversi tra loro?