Disturbi alimentari, nel Lazio casi in aumento ma i servizi non reggono il passo
Ospite in collegamento: Stefania Trebiani, Associazione Fenice Lazio odv
In Italia i disturbi del comportamento alimentare sono in crescita e cominciano a manifestarsi più precocemente rispetto al passato, anche tra i 9 e gli 11 anni. Un aumento significativo registrato soprattutto dopo il periodo pandemico, ma il dato più preoccupante è che non ci sono abbastanza servizi.
Tanto per cominciare è fermo il numero di posti letto della rete assistenziale (appena 70) e, rispetto al biennio 2023-24 quando sono stati stanziati su scala nazionale oltre 20 milioni, per l’intero 2025 e fino a giugno del 2026 i fondi saranno in totale 10 milioni e alla nostra regione ne spetterà uno.
Pochi posti letto: gli obiettivi della Regione
Oltre agli ambulatori presenti in ogni Asl, per la gestione dei casi acuti ci sono quattro posti di day hospital all’Umberto I, due al San Giovanni e sei al Bambino Gesù. L’obiettivo della Regione è ampliare il numero di ambulatori, percorsi di cura dedicati, équipe multidisciplinari e una sempre maggiore integrazione tra servizi territoriali e ospedalieri.
Un altro punto fondamentale sarebbe poi quello di scardinare la gestione e l’organizzazione romanocentrica: si vogliono dotare anche le altre province di strutture con équipe multidisciplinari con nutrizionisti, dietologi, psicologi e psichiatri. Un modo, questo, anche per non costringere le famiglie ad una mobilità sanitaria forzata.
Anche perché bisogna considerare che proprio a Roma non si trova posto se non dopo 7-8 mesi di attesa, motivo per cui i pazienti con casi più gravi si spostano fin da subito in un’altra regione.
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