Stellantis, crisi irreversibile? Anche a Cassino crolla la produzione
Ospite in collegamento: Andrea Di Traglia, Fiom Cgil
I numeri parlano chiaro e sono particolarmente preoccupanti: per Stellantis è crisi nera. Come riporta il Sole 24Ore, nel primo semestre del 2024, è stata registrata una flessione del 60% con appena 19mila veicoli assemblati. Un crollo che, senza interventi incisivi, sembra destinato a proseguire. Stellantis conta di produrre mezzo milione di veicoli, un terzo in meno rispetto all’anno scorso e ben lontano dall’obiettivo del milione stabilito con il Mimit.
La situazione, poi, sembra essere anche peggiore negli stabilimenti: Cassino e Melfi stanno vivendo una fase di profonda incertezza. Nell’azienda del frusinate i nuovi modelli Alfa Romeo arriveranno solo a partire dal 2025.
Il quadro peggiora con la delocalizzazione della produzione di modelli chiave in Polonia e Serbia: qui i costi sono più bassi e rendono i nuovi progetti più allettanti. La nuova Lancia Ypsilon, l’Alfa Romeo Junior, la Jeep Avenger e la Fiat 600: tutti modelli che avrebbero potuto dare respiro alle fabbriche italiane, ma che invece sono stati dirottati all’estero, almeno fino al 2025.
I sindaci del Lazio si riuniscono
Intanto, qualche giorno fa i sindaci del Lazio meridionale si sono riuniti in una consulta insieme a Federlazio, Confimprese, Ugl, Fim Cisl , Cub, Cgil. L’obiettivo ultimo di tutti gli attori coinvolti è unire le forze e far sentire la voce di un intero territorio, attraverso i vari rappresentati dello stesso e ricevere attraverso una intermediazione del Governo, rassicurazioni sul futuro di migliaia di lavoratori.
Come è stato evidenziato da Federlazio, d’altronde, il tempo è poco: dalle prime avvisaglie di crisi ad oggi, non è mai arrivato un progetto, un’idea su come poter dare un futuro a questo territorio.
Si vuole dunque incidere sulle scelte manageriali del gruppo Stellantis, ma per farlo è opportuno che le voci di tutti diventino un coro unanime; le sorti del territorio (e di migliaia di lavoratori) rimangono dunque appese ad un filo e solo un attore potrebbe davvero intervenire: il Governo.