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Amianto killer, Cotral condannata a risarcire operaio (VIDEO)

Una sentenza storica è arrivata nella giornata di ieri, 5 settembre: la Corte di Appello ha condannato la partecipata dei trasporti della Regione Lazio, Cotral Spa, a risarcire con 500mila euro la famiglia di Luigi Pennacchietti, un macchinista morto di tumore a soli 37 anni, che per quattro anni aveva lavorato come operaio a contatto con componenti in amianto nella società regionale.

Una sentenza storica è arrivata nella giornata di ieri, 5 settembre: la Corte di Appello ha condannato la partecipata dei trasporti della Regione Lazio, Cotral Spa, a risarcire con 500mila euro la famiglia di Luigi Pennacchietti, un macchinista morto di tumore a soli 37 anni, che per quattro anni aveva lavorato come operaio a contatto con componenti in amianto nella società regionale.

Anche se una sentenza non potrà mai alleviare il dolore per la perdita di un familiare, quanto meno “giustizia” viene fatta. Nel 1992 Luigi Pennacchietti iniziò ad avvertire i primi sintomi del tumore, male che poi lo ha portato al decesso. In quel momento, la famiglia cominciò una vicenda giudiziaria durata anni che si è dilungata tra primo grado, appello, cassazione e rinvio a giudizio. La vicenda ha visto la fine solamente qualche ora fa, con una condanna nei confronti della società che conferma come la morte sia stata causata dall’esposizione all’amianto unita al fumo di sigaretta.

L’avvocato Ezio Bonanni, Presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto nonché legale della famiglia, ha parlato per l’appunto di una sentenza storica. “Si tratta di una sentenza storica. Siamo riusciti dopo una lunga battaglia giudiziaria ad ottenere una sentenza di condanna al risarcimento del danno per morte per cancro del polmone in un lavoratore esposto ad amianto che era anche fumatore.” Ed è qui la svolta. “Si afferma il principio di responsabilità del datore di lavoro nel caso in cui provoca una morte per amianto, anche se il lavoratore stesso è un fumatore.”

Amianto, il tema rimanga in agenda

La sentenza in questione non potrà restituir ai familiari il proprio caro, ma rappresenta una vera e propria novità in casi come questo. L’amianto killer, come viene chiamato, è un materiale ancora troppo diffuso a causa delle bonifiche in ritardo e, per questa ragione, continuerà ad essere un capitolo aperto. Il problema è nella campagna nazionale di monitoraggio che avrebbe dovuto censire tutti gli edifici contenenti tracce del temibile minerale killer per poi rimuoverle con urgenza, ma che, in realtà, non è mai partita.

LEGGI ANCHE: Amianto, Italia al rallentatore. Delle bonifiche ai risarcimenti per vittime e famiglie

Ed è per questo che la sentenza è storica: in seguito al ricorso presentato proprio dall’Avv. Bonanni, in qualità di legale della famiglia, si è confermato che la morte di Pennacchietti fosse stata causata proprio dall’esposizione ad amianto unitamente al fumo di sigaretta. Ma l’amara verità è che la piaga dell’amianto – ancora presente in molti edifici civili e industriali nonostante sia fuorilegge dagli anni ’90 – non può uscire dall’agenda politica perché ancora sprovvista di una soluzione e, soprattutto, ancora rappresenta una minaccia per chi vi si espone.

“Come Osservatorio Nazionale Amianto – dice l’avvocato Ezio Bonanni – dobbiamo evidenziare che le bonifiche sono ancora in ritardo e che pertanto proseguono le esposizioni ad amianto nei luoghi di vita e di lavoro. Ed è per questo motivo che abbiamo rivolto e rivolgiamo al premier Meloni l’appello perché il tema della bonifica dell’amianto torni nell’agenda di governo perché solo in questo modo si potrà tutelare la salute rispetto a questi gravi danni che sono provocati dalle fibre di amianto.”

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