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Morti sul lavoro, la “patente a punti” fermerà la strage?

Quella dei morti sul lavoro è una vera e propria strage che quotidianamente si verifica e che periodicamente finisce sulle cronache. D’altronde quando si parla di sicurezza, bisognerebbe partire da un presupposto che gli esperti conoscono bene: il rischio zero non esiste e quando si verifica un incidente non è mai colpa solo del destino.

Quella dei morti sul lavoro è una vera e propria strage che quotidianamente si verifica e che periodicamente finisce sulle cronache. D’altronde quando si parla di sicurezza, bisognerebbe partire da un presupposto che gli esperti conoscono bene: il rischio zero non esiste e quando si verifica un incidente non è mai colpa solo del destino.

È anche vero che il rischio zero non esiste in vari ambiti del vivere umano dove si insegua la chimera della sicurezza, a cominciare dal lavoro, materia nella quale si tentano di inserire sempre nuove forme di tutela per il lavoratore stesso. La “patente a punti” di cui si parla in questi giorni – che entrerà in vigore dal 1° ottobre 2024 – viene introdotta per imprese e lavoratori autonomi per poter operare nei cantieri temporanei e mobili. La patente avrà un punteggio iniziale di 30 crediti che verranno decurtati in caso di violazioni delle norme di sicurezza.

La misura in questione fa sorgere l’immediata domanda se questa sia o meno un’eventuale soluzione, o tentativo di soluzione, efficace. “La patente a punti non risolve il problema anche se è stata inserita ieri (23 luglio 2024, ndr) , all’ultimo momento, una norma che prevede la possibilità di sospendere l’attività dell’azienda nel caso di incidente mortale”. Lo ha detto il segretario generale della Uil, Pierpaolo Bombardieri, a margine del convegno “Una Repubblica fondata sul lavoro ‘sicuro’. Le proposte del M5S per garantire la sicurezza sul lavoro”. In molti sono scettici nei confronti di questa patente che reputano non vada ad agire su quella che sembrerebbe essere la priorità: la sicurezza nei luoghi di lavoro.

Morti sul lavoro, l’anello debole è l’uomo

Resta vero che anche a fondo della più complessa delle dinamiche organizzative, l’anello debole resta l’uomo – dipendente o datore di lavoro che sia – con le cose che fa, che fa male o che omette di fare. Del resto l’Italia è tra i Paesi con il pacchetto normativo più corposo e dettagliato in materia. La differenza la fa davvero l’essere umano: il lavoratore che per primo deve comprendere il valore della sicurezza, ma anche l’imprenditore e per esempio il funzionario pubblico.

Basti pensare che spesso le norme ci sono e prevedono già situazioni molto specifiche, ma non vengono rispettate a costo di finire prima il lavoro non curandosi dell’importanza di essere in un luogo di lavoro sano e rispettoso. Prendete il caldo di questo periodo: soprattutto per le attività che si svolgono all’aperto o in particolari contesti industriali, è già previsto che nelle ore centrali della giornata l’attività venga sospesa e che venga concessa la cassa integrazione per quei lavori pericolosi per la salute. Un’opzione che però spesso viene dimenticata se non addirittura disattesa.

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