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La luce è vita, anche nell’arte. Quanto influenza un’opera?

La scelta di dare una forma o un colore ad un’opera nell’arte dipende molto da che tipo di luce colpirà l’oggetto. Per questo gli artisti attribuiscono a questo elemento un ruolo fondamentale, spesso centrale.

La scelta di dare una forma o un colore ad un’opera nell’arte dipende molto da che tipo di luce colpirà l’oggetto. Per questo gli artisti attribuiscono a tale elemento un ruolo fondamentale, spesso centrale. Con essa, tutto è possibile: rende percettibile il tridimensionale, gioca con le superfici in maniera diversa se sono levigate o irregolari, permette la realizzazione del chiaroscuro giocando anche con il controluce.

La luce è vita, permette di eliminare le ombre e di crearne delle nuove. È quell’elemento grazie al quale le cose possono cambiare nelle sfumature, nei significati, nella rappresentazione, nelle emozioni. Il potere che possiede le permette di diventare protagonista dell’opera o un elemento secondario. Ne abbiamo un esempio nelle opere di Michelangelo – l’artista che suscitava plauso e sdegno in pari misura tra i romani – che rivoluzionò l’arte stessa sfruttando magistralmente la luce. Esempio ne è, in tal senso, la Tomba di Giulio II nella Basilica di San Pietro in Vincoli, fatta interamente di marmo di Carrara personalmente scelto dall’artista, che chiese e ottenne l’apertura di un arco appositamente alle spalle del transetto destro sopra il coro. Ed è proprio perché non vi era “lume a proposito” che tale opera venne collocata a San Pietro in Vincoli rispetto al progetto originale, previsto in Santa Maria del Popolo. Conferirle un effetto di tridimensionalità l’obiettivo assolutamente raggiunto.

I vari tipi di luce nell’arte

Ci sono vari tipi di luce che vengono rappresentati all’interno di un’opera, in particolare nella pittura: c’è quella divina, che racconta il riferimento al Dio e alla sua presenza che si manifesta sotto forma di luce, e c’è quella naturale, che soprattutto gli impressionisti sceglievano per dipingere il paesaggio e quindi fargli assumere vari significati. Infatti se per la scultura un grande rivoluzionario nell’uso della luce è stato Michelangelo, per la pittura risuona ovunque un nome: l’inimitabile Caravaggio, che della luce ne ha fatto il suo tratto distintivo, inserendo dei “contrasti geniali” – così definiti nell’arte – indirizzando la luce dove voleva lui in modo da far ricadere l’occhio dello spettatore su un determinato dettaglio, spesso immergendo l’intera scena nel nero più assoluto.
In era contemporanea, invece, si distingue nella tecnica il principale esponente della corrente artistica della Metafisica, Giorgio De Chirico, che utilizzava la luce in maniera quasi contraria rispetto agli altri: ne privava alcune zone all’interno dei suoi quadri, creando quindi le ombre, ossia spazi con diminuzione di luce.

La luce per Erio Baracchi

Per molti artisti, Giorgio De Chirico è stato ‘illuminante’ nella sua produzione, diventando per tale uso della luce vera e propria fonte di ispirazione. Come nel caso di Erio Baracchi, che almeno all’inizio del suo lavoro prese spunto dalle forme e dalla metafisica dell’illustre collega per poi sviluppare uno stile tutto suo. “Per Erio dipingere significava esprimere il senso del divino dove l’arte si spoglia di ogni senso di materialità e diventa senza peso, luminosa ed aerea.” È così che Eriano Baracchi, figlio e responsabile del progetto che punta alla valorizzazione del lavoro di Erio Baracchi e della sua figura nel mondo dell’arte, descrive con poche precise parole l’intenzionalità artistica del padre. Nei sui quadri, infatti, l’artista rappresentava spesso una luce che lascia il dubbio nello spettatore se la stessa sia l’inizio o la fine dell’opera. Ed è proprio in ciò che risiede il ‘potere della luce’: perché può conferire un significato ‘individuale’ all’interpretazione dell’arte stessa e del messaggio che l’autore ha originariamente inteso lanciare con l’opera.

E non a caso, Eriano racconta anche come in larga misura nella produzione del padre la luce provenga sempre da sinistra. Posizionamento non casuale, che permette d’incidere sul risultato percettivo finale, e che assieme alle figure di cui si compone l’opera genererà una reazione in chi guarda l’opera. Appunto diversa per ognuno, a seconda della sensibilità di colui che guarda…

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