“In Italia, nel 2023, cresce il tasso di occupazione della fascia d’età 20-64 anni (+1,5 punti percentuali) che si attesta al 66,3%. Il tasso di occupazione aumenta di più per la componente femminile della popolazione e nel Mezzogiorno, ma gli squilibri di genere e territoriali rimangono molto forti.” È quanto si legge sul sito dell’Istat, l’istituto nazionale di statistica, che conferma come i divari in campo lavorativo non sono lasciati al caso, ma al genere.
Non è uno stereotipo, ma un dato di fatto che vede le donne sfavorite nei numeri. Se tra i laureati, senza differenza di genere, 8 su 10 trovano lavoro, a rimanere svantaggiato è il sesso femminile. Lo dice l’istituto, che sottolinea come un titolo di studio elevato favorisca l’occupazione, soprattutto per le donne, ma di fatto rimangono penalizzate nel mondo del lavoro.
Donne e lavoro: anche il lavoro è una questione di genere
Questi dati di fatto, però, entrano in contrasto con un aspetto fondamentale: le donne sono mediamente più istruite degli uomini – si tratta di un 24,9% che possiede un titolo terziario contro il 18,3% degli uomini -.
Il vero gap, inerente alla questione differenze di genere, risiede proprio nelle pari opportunità nel mondo del lavoro che probabilmente di pari hanno ben poco. Parliamo di numeri: il tasso di occupazione femminile si ferma al 59%, contro il 79,3% che rappresenta quello maschile. Il divario è importante nel mantenere, purtroppo, la netta differenza tra uomo e donna. È necessario, quindi, un intervento nell’immediato per ridurre questa differenza che vede le donne ancora vittime di discriminazioni di genere. Non serve un 8 marzo per accendere i riflettori sul tema, ma serve concretezza nelle politiche a sostegno di una categoria ancora troppo additata.