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La geometria trascendentale di James Lee Byars

C’è chi lo ha definito un dandy, un mago, uno sciamano. Chi un performer e un filosofo. James Lee Byars era questo e anche di più. Un artista profondo, capace di attrarre a sé tutte le arti per usarle con sapienza. Byars è stato capace di creare un alfabeto formale personale utilizzando l’installazione, la scultura, la performance, il disegno e la parola, per riflettere sui concetti di perfezione e ciclicità, così come sulla figura umana e le sue trasformazioni. Grazie all’uso di materiali preziosi come foglie d’oro, seta, velluto, cristalli e marmo – e a forme geometriche come prismi, lune, cubi, sfere e pilastri – le sue opere rimangono memorabili e significative nel tempo.

James Lee Byars, una mostra per celebrarlo

Celebrare James Lee Byars – scomparso nel 1997 – attraverso le sue maggiori opere e performances. Così Pirelli HangarBicocca ha voluto rendere omaggio all’artista, con la prima retrospettiva italiana a lui dedicata, andata in scena lo scorso febbraio. In quell’occasione sono state riproposte sei delle performances più iconiche di Byars, chiamate anche “plays”, “actions” o “events”: “Four in a Dress” (1967); “Breathe (Two in a Hat)” (1968); “Ten in a Hat” (1968); “Be Quiet” (1980); “Your Presence is the Best Work / A Presence is the Best Work” (1992); “Five Points Make a Man” (1994). Lavori che coprono un arco temporale che va dal 1967 al 1994: dalla creazione di abiti condivisibili che sfidano il confine tra individualità e collettività, al coinvolgimento del pubblico nel contesto espositivo, alla caducità dell’arte e alla riflessione sulla mortalità del corpo umano.

La mostra della Pirelli HangarBicocca ha reso omaggio alla poliedricità di James Lee Byars, capace di ispirare anche molti artisti italiani, come Erio Baracchi – artista contemporaneo nato nel 1926 e scomparso nel 2012 – il cui studio e ricerca interpretativa gli hanno fornito la base per sviluppare un filone artistico dallo stile unico, rendendolo uno dei più iconici geni dell’arte contemporanea. E proprio a lui il figlio, Eriano Baracchi, ha voluto dedicare un progetto che punta alla valorizzazione del suo lavoro e della sua figura nel mondo dell’arte. Lui che come molti altri, ha tratto ispirazione dal genio di James Lee Byars.

Chi era James Lee Byars

James Lee Byars, nacque a Detroit, Michigan, il 10 aprile 1932, e scomprave al Cairo, Egitto, il 23 maggio 1997. E’ stato un artista concettuale e performer americano, noto per le sue installazioni e sculture, oltre a essere un mistico autoproclamato.

Tra le sue opere performative più celebri si trovano “The Death of James Lee Byars e The Perfect Smile. Inoltre, nel corso della sua esistenza, ha realizzato numerose sculture che includono molte lettere da lui scritte, concepite come sculture decorate.

Le opere di Byars sono spesso caratterizzate da temi e motivi personali specifici, con un’inclinazione verso l’esoterico, pur essendo ritualistici e materialistici. Robert Clark, scrivendo per The Guardian in occasione di una mostra delle sue opere a Milton Keynes, le descrive come “ermeticamente impenetrabili ma intriganti“.

Un tema ricorrente nelle sue opere è la perfezione, specialmente riguardo alla parola “Perfect“. Questo concetto lo ha portato a un viaggio personale che esplorava in modo ambiguo e celebrativo forme, numeri, materiali preziosi.

Nel 1972, Byars fu il primo artista invitato a visitare il laboratorio di fisica del CERN a Ginevra, un evento che fu presentato sulla copertina del CERN Courier. Successivamente, molti artisti hanno visitato il laboratorio, principalmente dal 2012 nell’ambito del programma Arts at CERN. Le opere d’arte risultanti dalla sua visita al CERN furono esposte al Massachusetts Museum of Contemporary Art nel 2004, e sono digitalmente disponibili presso gli Harvard Art 05Museums.

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