La recitazione, il doppiaggio, il mondo della voce e delle interpretazioni, pur mantenendo la loro essenza artistica, si trovano oggi ad affrontare numerose sfide ed opportunità inedite, legate principalmente all’evoluzione tecnologica e alla globalizzazione dei contenuti. La recitazione in particolare, continua a evolversi attraverso nuove forme di narrazione, come il cinema digitale, le serie TV e i progetti interattivi, che richiedono una crescente versatilità degli attori, capaci di adattarsi a diversi stili e linguaggi visivi. Anche il doppiaggio, ha assunto un ruolo sempre più centrale: nonostante la possibilità di fruire contenuti in lingua originale sia cresciuta, rimane essenziale per raggiungere un pubblico più vasto, superando barriere linguistiche e culturali.
Francesco De Santis, giovanissimo attore, sia teatrale, che cinematografico e doppiatore, racconta il suo “dietro le quinte”, ricco di successi, impegno e un’immensa passione.
”Inizialmente – esordisce – quando ero piccolo, volevo fare tutt’altro. Ero fissato con i rettili e volevo fare l’erpetologo. Però mio nonno, che è stato attore e regista teatrale assieme a Glauco Mari, mi ha un po’ influenzato. Totalmente a caso in soffitta, scopro un suo manifesto, vedo questa gigantografia di nonno e Glauco Mari, dove portava in scena al Teatro Verdi, Sheakespere. Da lì ho iniziato ad appassionarmi e nonno ha iniziato a raccontarmi […]”.
Francesco si innamora perdutamente del teatro, quel luogo d’arte, quella forma di espressione unica e insuperabile. In particolare si avvicina allo scenario comico, alla Stend Up Comedy. Scopre poco dopo, anche il meraviglioso mondo del doppiaggio, soprattutto quello dei capolavori d’animazione. Racconta che: “Avevo quattordici anni quando feci la mia primissima audizione. Volevo farlo a tutti i costi, fui contentissimo quando mi scritturarono per questo provino. Non c’erano ancora i self-tape, si faceva tutto in presenza. Questo provino, tra i requisiti richiedeva di essere un esperto di YouTube ed io non ne avevo la più pallida idea di come si facesse. Mi sono finto Youtuber con un canale da più di cento mila iscritti…lì per lì i giudici ci stavano credendo, stavo prendendo piede nel provino. Poi però fui sgambato…”
Le porte in faccia sono importanti. Anche le delusioni, così come le critiche. “All’inizio è impossibile ricevere delle porte in faccia” – dice Francesco. Sono importanti per rendere ognuno di noi consapevoli del sacrificio, della preparazione, dell’impegno e dello studio. Aiutano ad apprezzare anche i piccoli passi e soprattutto, ad essere umili. “Oggi, è ancora più complicato. Avendo creato i self-tape, i provini diventano due, prima c’è il self-tape a distanza, dove si sceglie in base al volto e poi si arriva al call back del provino in presenza. Quindi c’è questa doppia barriera da superare e già arrivare al call back, uno si sente contentissimo” – racconta.
Tra il primo monologo a “Monologando”, nei panni di Al Pacino, i tourneè teatrali di successo, l’ascolto, i consigli di Gianluca Tusco e Luca Ward, Francesco coltiva sempre di più il suo grande amore. In questo lungo viaggio porta con se tre oggetti importanti, tenuti nella tasca in alto dell’immenso bagaglio di competenze. Il primo è l’umiltà. Il secondo è la consapevolezza, il terzo è la voglia di migliorarsi, stando “sempre un passo indietro”.
La sfida di oggi è quella di mantenere intatta la capacità di emozionare e di trasmettere autenticità, nonostante la presenza imponente e il supporto delle nuove tecnologie, incredibilmente utili, ma da usare con cautela. Ed ecco il nuovo oggetto che ogni giovane artista dovrebbe portare con se, proprio come Francesco: la capacità di emozionare ed emozionarsi.