Ma che ci fa accanto al “Duce”, nei giorni drammatici di Salò, un ex difensore del Bologna, uno che con la nazionale ha vinto tutto quello negli anni Trenta si poteva vincere, ovvero i due mondiali del 1934 e 1938? La risposta sta in un libro uscito in questi giorni, «Il terzino e il Duce» (Edizione Solferino) che racconta la vita di Eraldo Monzeglio, anzi il «romanzo della sua vita», dall’esordio in Serie A sino alla fine del fascismo e che sta riscuotendo tanto interesse.
Lunedì 4 novembre alle h.18.00 l’autore, Alessandro Fulloni, lo presenterà presso la “Libreria Eli” in Viale Somalia 50, insieme a Gianfranco Fini e a Davide Desario, Direttore dell’agenzia “And Kronos.
Questo fortissimo calciatore su sempre accanto al dittatore, fu il suo maestro di tennis, l’amico inseparabile – quasi un fratello maggiore, se non addirittura un padre – dei due figli, Vittorio e Bruno. Del suo passato fitto di misteri, Monzeglio – un passato calcistico con Casale Monferrato, Bologna e Roma e una vita da «mister» sulle panchine di Napoli, Samp e Juve – non parlò mai con nessuno.
Ma il giornalista del Corriere della Sera lo ha ricostruito grazie a documenti e testimonianze inedite. Ne viene fuori una sorprendente spy-story che vede Monzeglio muoversi come uno «007» in bilico tra fascismo e Resistenza: fa scappare dalla condanna a morte certi partigiani catturati dalle brigate nere, accompagna in salvo in Svizzera fuggiaschi ebrei inseguiti dai nazifascisti.
Poi, pochi mesi dopo la fine della guerra, finisce prima sulla panchina del Como e poi della Pro Sesto (la squadra di Sesto San Giovanni, la «Stalingrado d’Italia») grazie a certi sorprendenti contatti con il Comitato di liberazione nazionale. Nel libro si parla dell’oro di Dongo, dei carteggi segreti tra Mussolini e Churchill. Ma c’è anche molta Bologna nell’avventura umana di Monzeglio.
L’amicizia con Leandro Arpinati, lo scudetto vinto con il Bologna con in panchina Hermann Felsner e il ricevimento a Villa Torlonia dal Duce e soprattutto per quegli strani giri che fa il destino c’è che come allenatore ha avuto un certo Árpád Weisz, l’ebreo ungherese che finì i suoi giorni nel campo di concentramento di Auschwitz. Sono gli anni in cui, dopo la defenestrazione di Arpinati, tocca all’ex casaro prendere in mano il Bologna, quel Renato Dall’ara a cui ancora oggi è intitolato lo stadio.
Monzeglio è in via Indipendenza quando Anteo Zamboni spara al Duce, è a Berlino con i figli di Mussolini che vengono ricevuti da Hitler durante le Olimpiadi del ‘36, è testimone dell’ultimo incontro tra il Duce e lo stesso Arpinati.
Ma di tutto questo non raccontò mai nulla. Ora però emerge e prende vita nel libro di Fulloni, fitto di carte mai viste prima, custodite negli Archivi di Stato e di testimonianze inedite che nessuno aveva mai raccolto.