Sembra che la quadra sia stata trovata: è arrivato il via libera del Consiglio dei ministri al decreto legge che riforma le regole per i flussi di lavoratori stranieri e introduce una svolta nelle attività delle Ong in mare e sui ricorsi dei richiedenti asilo.
In Italia, e non solo, l’immigrazione è ancora un tema tabu: è divisivo sia in termini politici sia in termini sociali. La politica, per di più, preferisce usarlo come arma di polemica più che come realtà da gestire in modo efficace prima che diventi un problema agli occhi dell’opinione pubblica.
Da anni si litiga contrapponendo quelle che sono le tesi dell’accoglienza ai blocchi navali di chi vorrebbe fermare i flussi migratori. A mandare in tilt il Paese, però, non sono gli sbarchi, ma le difficoltà organizzative nella gestione dei passaggi successivi, ossia l’identificazione, la verifica dei requisiti per ottenere specifici riconoscimenti che consentano ai migranti, che spesso vedono nell’Italia solo un punto di approdo, di andare in altri Paesi europei.
Migranti e click day
Ma c’è una questione più ostica della gestione: riguarda proprio le richieste delle imprese. Mentre i partiti vogliono da anni limitare gli arrivi, parallelamente si assiste al paradosso che le imprese chiedono manodopera straniera: sono – dal punto di vista burocratico – migranti diversi ma il corto circuito è dato dal fatto che per anni, durante il periodo dei grandi sbarchi, l’Italia aveva azzerato le quote di ingressi regolari previsti dal decreto flussi instaurato con la legge Bossi Fini.
Ora il meccanismo è stato ripristinato e, come spesso accade nel nostro Paese, per chi ha bisogno di assumere manodopera straniera è stato introdotto il click-day, con la legge che il primo che arriva alloggia meglio.