“Quando avvenne la strage a Fidene mi ero insediato da pochissimi giorni, forse cinque. Il tragico episodio avvenne a distanza di poco tempo da un altro grave fatto di sangue, l’omicidio di tre prostitute. Dopo la sparatoria compiuta da Claudio Campiti verificammo che al poligono di Tor di Quinto c’erano già stati incidenti e criticità. Decidemmo di compiere accertamenti su tutti i poligoni di tiro ed emersero molte situazioni di irregolarità, tanto che effettuammo diverse sanzioni e alcune strutture furono chiuse“. È quanto ha affermato in aula il questore di Roma Carmine Belfiore, ascoltato come testimone nel processo per quanto avvenuto l’11 dicembre 2022 a Roma quando furono uccise quattro donne nel corso di un’assemblea di condominio del Consorzio Valleverde. Oltre a Campiti sono a processo il presidente della Sezione Tiro a Segno Nazionale di Roma e un dipendente addetto al locale dell’armeria del poligono di tiro di Tor di Quinto, struttura da cui l’imputato si allontanò con l’arma utilizzata per la strage.
Nel corso dell’udienza è stato sentito, sempre come teste, il prefetto di Roma, Lamberto Giannini, all’epoca dei fatti capo della polizia di stato. “È stata una vicenda di una gravità inaudita”, ha affermato, spiegando che la Questura di Rieti aveva negato il porto d’armi a Campiti. L’imputato ha fatto una breve apparizione in aula: il suo difensore ha letto un breve messaggio nel quale Campiti ha accusato il Consorzio Valleverde di essersi ”trasformato in un’associazione a delinquere“.