Quando si parla di fuga di cervelli, viene sempre un leggero brivido lungo la pelle perché è un argomento che fa indignare i più. E non si salva nessun settore, dall’ingegneria alla meccanica, dall’imprenditoria all’artigianato. Si parla di ‘fuga di cervelli’ nel caso in cui il flusso netto di capitale umano altamente qualificato è fortemente sbilanciato in una sola direzione e lo scambio non è più tale, ma diventa una perdita di risorse umane per il Paese di origine.
Questo avviene in particolare per due settori: la ricerca scientifica e la medicina. Dopo anni e anni di preparazione, studio, impegno e quant’altro, medici ed infermieri sono spesso costretti ad andare all’estero dove trovano sempre più di frequente che in Italia della soddisfazione. Per quale ragione i giovani decidano di cambiare vita e cambiare addirittura Nazione, purtroppo non rimane un mistero: semplicemente non conviene rimanere in Italia, sia economicamente sia di realizzazione.
Il problema è che non bisogna andare troppo lontano per trovare opportunità di lavoro meglio retribuite. Ne abbiamo un esempio in Lombardia e in Piemonte. Sono richiestissimi in Svizzera dove vengono pagati molto di più rispetto ai colleghi italiani. sono l’ultima generazione di frontalieri, come vengono chiamati quei pendolari che ogni giorno lasciano la loro casa italiana per andare a lavorare oltre confine e vi fanno ritorno la sera.
Fuga di cervelli nella sanità, ci si rivolge ai “gettonisti”
Andare fuori confine per poter cercare “fortuna” nel proprio lavoro è sinonimo di fallimento per il nostro Paese, soprattutto nel caso della sanità che da sempre è argomento caldo nelle cronache di tutti i giorni. La sanità italiana, infatti, è a corto di personale e per affrontare l’ennesima emergenza che però si poteva ampiamente prevedere, Regioni e aziende ospedaliere ora si trovano in difficoltà: sempre meno professionisti disponibili a lavorare sotto certe condizioni, con un progressivo calo dei neolaureati delle facoltà di medicina.
Addirittura ci si rivolge ai cosiddetti “gettonisti”, ossia medici e infermieri a chiamata che attraverso la mediazione di società esterne, costano allo Stato molto più di un lavoratore dipendente oppure si cercano all’estero e da un po’ tutti i luoghi del mondo. Infatti molto spesso il personale “gettonista” viene dal Sud America, dall’India, dall’Est Europa, dall’Africa e in questo modo gli organici di molte strutture tamponano in questo modo le carenze.