24 agosto 2016. Ore 3:36. Una prima scossa di magnitudo 6.0 scuote il Centro Italia. E da quel momento, nulla è più come prima.
Una serie di eventi sismici interessa la zona tra Lazio, Marche, Umbria e Abruzzo fino al gennaio del 2017: ma con la prima scossa di terremoto viene colpito duramente un comune in particolare: Amatrice, in provincia di Rieti.
Dopo 8 anni, ancora si sentono e si vedono i segni di quell’evento di cui, seppur se ne comprendano le ragioni del tutto naturali, non si riescono ad accettare le conseguenze perché troppo dolorose. C’è chi ha perso un proprio caro, chi ne ha perso più di uno, chi ha perso la casa, chi la fiducia. Tornare alla propria vita, in questi casi, richiede coraggio perché ogni angolo ricorda uno spavento tale che solo un grande lavoro di mente e di forze può risolvere. Anche perché la ricostruzione non è immediata, ma allo stesso tempo rappresenta un dovere che spetta a chi oggi rappresenta le istituzioni. Infatti, ora è necessaria ancora più determinazione per riuscire a riportare la situazione alla normalità, per quanto possibile.
“Il terremoto ha sfrattato alcune persone e le ha portate altrove – ha detto Giorgio Cortellesi, sindaco di Amatrice -. Oggi, tornare nella propria abitazione, è un ulteriore sfratto perché si sono formate delle vere e proprie comunità dove le persone interagiscono e vivono insieme e tornare nella propria abitazione, magari distaccata e dislogata in un’area ancora non ben ricostruita, sicuramente è un ulteriore disagio e un ulteriore esilio dopo quello del terremoto.”
Amatrice, Ricostruire per ricominciare
Dopo otto anni, bisogna ed è un dovere fare memoria di chi è rimasto vittima – e con loro, anche dei familiari – di questa tragedia. Ancor più necessario è prendere coscienza dei ritardi nella ricostruzione che spesso, per varie ragioni, è lenta e burocratica. Anniversari sì, ma anche tempo di bilanci, quindi.
Ricostruire significa cooperare con varie realtà affinché si riesca a restituire la dignità e la vita lì dove un qualcosa di più grande ha spazzato via vita e affetti. La forza di ricominciare c’è, ma c’è bisogno di tutti, istituzioni comprese, a cui il sindaco di Amatrice, Giorgio Cortellesi, si appella, rivolgendo un invito ad andare in quelle terre, anche a nome di quelle persone che, sfiduciate per tante ragioni e che da tempo vivono nelle Sae, le soluzioni abitative d’emergenza, hanno bisogno di tornare alla normalità.
“Le persone ormai sono forse sfiduciate dal ritardo che c’è nella ricostruzione, il ritardo che forse dipende soprattutto da imprese, tecnici e da privati perché noi, oltre ad approvare progetti, possiamo fare ben poco – dichiara ancora Cortellesi – Se i progetti non vengono presentati, non abbiamo nulla da approvare. Bisogna ricredere, nella propria vita, a tornare a quella che era la nostra identità, le nostre radici, la nostra cultura e tornare a rivivere il nostro territorio come era prima, non in villaggi temporanei.”