Invecchiare meglio e più lentamente è possibile. Lo dimostra uno studio coordinato da scienziati della Duke National University e il National Heart Research Institute di Singapore, insieme aIl’Imperial College e Duke University e pubblicato sulla rivista Nature.
Invecchiamento, la nuova scoperta a Singapore
Lo studio in questione, condotto su animali, ha individuato una proteina chiamata interleuchina-11, identificata come uno dei principali fattori dell’invecchiamento. Questa proteina, che aumenta con l’età, favorisce l’accumulo di grasso nell’addome e nel fegato e contribuisce alla perdita di forza e tessuto muscolare, caratteristiche tipiche dell’invecchiamento umano. La scoperta, effettuata dalla Scuola di Medicina Duke-NUS di Singapore e pubblicata sulla rivista Nature, potrebbe rivoluzionare le terapie anti-invecchiamento.
Lo studio ha dimostrato, attraverso esperimenti di laboratorio, che bloccare l’interleuchina-11 potrebbe non solo aiutare a rimanere in buona salute più a lungo, ma anche potenzialmente prolungare la vita. Stabilito il ruolo di questa proteina nel processo di invecchiamento, i ricercatori hanno mostrato che una terapia mirata a inibirne gli effetti migliora il metabolismo. Questo comporta una riduzione del grasso bianco e un aumento del grasso bruno, che è capace di bruciare calorie per mantenere la temperatura corporea. Inoltre, esperimenti su cellule coltivate e su animali hanno rilevato un miglioramento della funzione muscolare e un aumento della durata della vita fino al 25%.
Thomas Coffman, rettore della Duke-Nus, ha commentato la ricerca guidata da Anissa Widjaja: “Nonostante l’aspettativa di vita media sia aumentata notevolmente negli ultimi decenni, esiste una notevole disparità tra gli anni vissuti e gli anni di vita sana e priva di malattie. Per le società che stanno invecchiando rapidamente questa scoperta potrebbe essere trasformativa, consentendo agli anziani di prolungare l’invecchiamento in buona salute, riducendo la fragilità e il rischio di cadute e migliorando al tempo stesso la salute cardio-metabolica”.
Alessandro Sgambato, ordinario di Patologia Generale dell’Università Cattolica, campus di Roma ha invece dichiarato: “Il lavoro è molto interessante perché suggerisce che l’inibizione dell’IL-11 possa rappresentare una nuova strategia terapeutica per favorire l’invecchiamento in buona salute, rallentando e posticipando la comparsa degli effetti indesiderati quali la fragilità muscolare e il decadimento metabolico. Si tratta sicuramente di una scoperta importante che aggiunge un altro tassello alla nostra comprensione dei meccanismi molecolari responsabili delle modificazioni fisiologiche correlate con l’età e rappresenta un ulteriore passo verso lo sviluppo di una terapia protettiva contro essi”.