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La rappresentazione della donna nell’arte: dall’antichità al mondo contemporaneo

Esplorare la storia dell’arte vuol dire indagare intimamente non solo le opere in senso stretto, ma anche le percezioni degli artisti stessi, ognuno con una sua peculiare personalità e valori propri. In questo senso, uno spunto interessante viene offerto dall’analisi dell’evoluzione dell’iconografia femminile, dall’antichità fino ai giorni nostri, nella produzione degli artisti che si sono avvicendati nel corso dei secoli. Esaminare questa trasformazione – considerando anche solo i momenti/periodi storici maggiormente significativi – permette di comprendere come la rappresentazione della donna si sia modificata nel tempo, influenzata da vari fattori culturali e sociali.

L’iconografia femminile nell’antichità

Nell’antichità la rappresentazione femminile era spesso legata ad elementi archetipici quali la fertilità e alla Natura. Le donne erano viste come figure mistiche, connesse alle divinità e coinvolte in cerimonie rituali.

Un esempio emblematico di questa rappresentazione è la Venere di Willendorf, una statuetta paleolitica alta 11 cm, scolpita in pietra calcarea e dipinta in ocra rossa, che esemplifica in modo chiaro l’importanza attribuita alla maternità e alla fertilità. Un altro esempio significativo è la Venere di Savignano, che celebra i tratti femminili legati alla procreazione.

In Grecia, a partire dal V secolo a.C., l’ideale di bellezza femminile si avvicina poi ai canoni moderni, enfatizzando grazia, misura e proporzione del corpo, come si può osservare nell’Afrodite di Cnidia di Prassitele.

La donna nell’arte medievale e rinascimentale

Nel Medioevo, con l’avvento del Cristianesimo, l’iconografia femminile subisce un cambiamento significativo. La donna viene spesso raffigurata come la Vergine Maria, protagonista delle immagini sacre.

Un esempio notevole in tal senso è la “Madonna con il Bambino” di Simone Martini. Tommaso d’Aquino definì poi la bellezza attraverso tre criteri: proporzione, integrità e claritas (chiarezza e luminosità).

Durante l’Umanesimo e il Rinascimento, la donna inizierà ad essere rappresentata in contesti più variegati, non solo come ‘santa’ ma anche in episodi di vita quotidiana e scene ‘mitologiche’. Domenico Ghirlandaio e Sandro Botticelli saranno quindi due artisti chiave di questo periodo, avendo realizato opere come il “Ritratto di Giovane Donna” e “L’Allegoria della Primavera“.

La donna nell’Ottocento e Novecento

Verso la fine dell’Ottocento, la rappresentazione della donna continuerà ad evolversi. Gli artisti di questo periodo, come Dante Gabriel Rossetti e Edvard Munch, esploreranno sia l’immagine angelica sia quella della femme fatale.

Gustav Klimt rappresenterà le donne dei suoi quadri come figure potenti e pericolose, come nella sua celebre “Giuditta“.

Solo a partire dagli anni Sessanta del Novecento, con i movimenti di liberazione femminile, si assisterà ad un ‘risveglio’ e riscoperta dell’arte al femminile, con artiste come Artemisia Gentileschi e Frida Kahlo che cominceranno ad essere maggiormente riconosciute.

La donna nell’arte di Erio Baracchi

Un’altra visione particolare della donna nell’arte è quella del pittore italiano Erio Baracchi (1926-2012), che nella sua produzione ha posto in qualche modo la figura femminile come ponte fra la realtà tangibile e il trascendente.

La donna, nelle sue opere, è ritratta sempre di spalle con lo sguardo “oltre”. Un’entità, pur restando terrena, che sembra perdere i suoi connotati concreti per trasformarsi in concetto.

Nella sua opera infatti sono “pochissimi i nudi, si tratta di figure molto stilizzate che si immergono negli ambienti e nella natura circostante” ha spiegato a Radio Roma Eriano Baracchi, figlio e responsabile del progetto dedicato all’eredità artistica del padre.

La donna è comunque un elemento imprescindibile della sua produzione. “La figura femminile è stato uno degli elementi fondamentali della sua attività fin dagli inizi” ha spiegato Eriano Baracchi, chiarendo poi come negli anni Ottanta l’artista abbia preferito, nel suo periodo detto “tecnologico”, dare spazio agli elementi inanimati.

Ma la donna è poi ritornata, con il crescere dell’età” ha ricordato ancora il figlio Eriano, spiegando come nella maturità l’artista abbia ricominciato a trattare l’umanità e il suo insondabile destino. “Le sue sono state definite opere tra la vita e la morte: cosa c’è di più vitale della figura femminile? La figura femminile è la vita stessa.

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