Inter, Lautaro Martinez: “Alzare la coppa della seconda stella con la fascia è un sogno che mi ha dato il calcio”
Lautaro Martinez, attaccante e capitano dell’Inter, ha parlato della stagione dei nerazzurri ai microfoni de La Gazzetta dello Sport. Di seguito le sue parole:
Lautaro, che effetto fa la Coppa in mano?
“È una gioia per la vita, io considero l’Inter semplicemente casa. L’ho sentita proprio così dal giorno 1 ed è forte anche il legame con Milano: qui c’è una atmosfera speciale, qui crescono i miei figli, qui mia moglie ha un ristorante. Qui sento l’amore della gente. Devo tutto alla società e al popolo interista: mi sono stati dall’inizio vicini, solo grazie a loro sono riuscito a diventare capitano, che è onore e responsabilità. Alzare la coppa della seconda stella con la fascia è un sogno che mi ha dato il calcio”.
Che tipo di capitano è lei?
“L’ho detto dall’inizio ai miei compagni, un capitano ha bisogno di tutti. Ho parlato con i vari Darmian, Acerbi, Dimarco, Bastoni, Barella…: serviva il loro aiuto e me lo hanno dato per spiegare ai nuovi cosa sia l’Inter e chiarire il percorso da fare tutti insieme. Ad esempio, a inizio stagione ho parlato in maniera netta ad Asllani che vedevo un po’ giù: aveva bisogno di una scossa e anche così è cresciuto perché ha tutto per essere il play del futuro dell’Inter. Per un po’ non mi ha parlato, ma poi ha capito e mi ha ringraziato. Per ora questo è il mio ruolo, ma in futuro non mi vedo allenatore…”.
Scudetto da capocannoniere, è successo solo a cinque interisti: come ci si sente nella storia?
“Una gioia nella gioia, i numeri dicono che ogni stagione riesco a migliorarmi perché questa è la mia mentalità: cercare di superarmi, avere nuovi obiettivi. Il gruppo viene davanti al singolo, io ho solo capitalizzato un lavoro di tutta la squadra”.
Ma cosa ha aggiunto in questa stagione e cosa vorrà aggiungere ancora?
“Qualche movimento nuovo perché prima giocavo da seconda punta, mentre quest’anno ho fatto il centravanti con Thuram che cercava la profondità e dialogava con gli altri. I gol più importanti sono stati a Torino con la Juve e a Firenze dopo la Supercoppa, quando avevamo tante assenze ed eravamo stati superati in testa: lì abbiamo dato un segnale decisivo . Da febbraio ho segnato meno, è vero, ma non va guardato solo il gol che a volte non arriva: conta quante occasioni generi, il bene che produci per la squadra. Certo che dovrei migliorare ed evitare questi momenti, ma anche quando la palla non entra aiuto sempre e non mi risparmio”.
Ma per il suo modo di giocare, si trova meglio con Lukaku o con Thuram?
“Ho fatto grandi cose con Romelu, uno che da solo porta via due uomini, ma con Marcus ho più possibilità, più scelta, più spazi. Con i suoi movimenti ti libera e poi è davvero un bravo ragazzo. Porta sempre un sorriso nello spogliatoio. Siamo diversi, lui mi dice che rido poco e forse lui ride… molto (se la ride anche qui, ndr), e poi non mi vestirei mai come lui: che coraggio che ha! Scherzi a parte, non mi aspettavo di trovarmi così bene con Marcus, ma è stato decisivo partire insieme già dal ritiro. Dopo anni ho fatto una preparazione completa, dopo aver superato definitivamente il problema alla caviglia che non mi aveva fatto vivere il Mondiale come avrei voluto. Se ci penso ancora, mi viene da piangere…”.
E Lukaku l’ha più sentito?
“No, non mi ha risposto quella famosa volta e per entrambi è finita lì. Abbiamo tutti voltato pagina”.
A che punto è il vostro ciclo vincente?
“L’Inter veniva da anni senza successi e negli ultimi 4 ha sempre messo in bacheca qualcosa. Il ciclo deve continuare, ha ragione il direttore Marotta quando dice che ‘dobbiamo alzare l’asticella’. Non scelgo tra gli obiettivi, li voglio tutti, ma il prossimo passo è la Champions: a Istanbul era un sogno vicinissimo, mentre l’unica partita che vorrei rigiocare quest’anno è quella contro l’Atletico. Ma a Milano, non a Madrid: se avessimo sfruttato le occasioni, sarebbe stato diverso. Certo, anche al Metropolitano abbiamo sbagliato: se vai in vantaggio, devi conservarlo. Su questo bisogna migliorare”.
E poi ci sono i rigori, nota dolente.
“Non è un argomento scomodo per me, non li sbaglia solo chi non li tira… E per fortuna ho un compagno infallibile come Calha. Contro il Torino voleva che lo tirassi io, e la cosa mi avrebbe fatto piacere per sbloccarmi, ma il rigorista è lui e quell’applauso di San Siro se lo meritava tutto: ha sofferto in questi anni e ora anche lui è un idolo”.
Quali i meriti di Inzaghi in questo trionfo?
“Ci lascia giocare liberi e allenare con felicità. Ci divertiamo, e non solo perché adesso si vince. In questi tre anni è cresciuto anche lui assieme a noi, nella tecnica, nella tattica, nel modo con cui parla alla squadra. Abbiamo fatto un salto tutti insieme. È una persona tranquilla ma, quando si arrabbia, si arrabbia sul serio… Quando lo chiamiamo ‘demone’ per scherzare, lui si gira e ride…”.
Con Conte c’erano meno libertà e meno sorrisi?
“Certo, ma io devo tantissimo anche a lui perché ci ha portato una mentalità vincente. La differenza tra loro dimostra che nel calcio si può centrare il bersaglio in modo diverso”.
Qual è il suo pensiero sul presidente Zhang in questo momento difficile?
“Ci è sempre stato vicino: anche se quest’anno non era con noi a volte bastava una videochiamata per sentirlo comunque qui. È un grandissimo presidente e non sappiamo che cosa accadrà perché è tutto sopra le nostre teste. Siamo anche noi tranquilli e in attesa”.
Perché ha detto che “si deve” trovare un accordo sul rinnovo in questa settimana? Significa che siete più vicini o più lontani?
“Siamo vicini, mancano solo un paio di cosette… Ho detto ‘in settimana’ perché poi finisce il campionato e volevo definire tutto prima della Coppa America. Mi rendo conto che la situazione societaria possa ritardare tutto: noi parliamo con Marotta e Ausilio, ma dipende anche dalla proprietà… Aspettiamo, non so cosa accadrà da qui alla prossima settimana, ma non ci sono problemi tra di noi”.
Il c.t. Mascherano l’ha chiamata per l’Olimpiade? I tifosi interisti sono preoccupati…
“E anche mia moglie, ha paura per le vacanze. A me piacerebbe ma non ho ricevuto nessuna chiamata e, nel caso, dovrei discuterne con l’Inter. Purtroppo, il calendario è compresso e giochiamo troppo: in queste condizioni, serve ruotare i giocatori sempre di più. Io non amo stare fuori, ma la seconda stella l’abbiamo raggiunta anche con i cambi”.
Ora arriva Taremi: lo conosce?
“Lo abbiamo affrontato e ho visto tante sue partite. È un grande attaccante, molto tecnico e con un altro modo di giocare. Ci darà una grande mano: penso possa essere un nuovo Arnautovic per la capacità di far salire la squadra”.
Mbappé, Haaland, Lewandowski, Kane: si sente ormai di essere allo stesso livello?
“Sì, non ho nulla da invidiare, lo dicono i numeri e i trofei: ci sono campioni che hanno vinto meno di me. Devo continuare a lavorare con responsabilità, come mi ha insegnato mio padre, ma posso sedermi allo stesso tavolo di questi grandi”.