Francesco Rocca, governatore della Regione Lazio, conferma quanto già detto lo scorso anno: la Regione Lazio non patrocinerà il Gay pride se quest’ultimo farà riferimento alla gestazione per altri, definita da Rocca ‘una pratica barbara’ durante la conferenza stampa per il primo anno di amministrazione.
Rocca è tornato sulle polemiche dello scorso Gay pride, in occasione della conferenza stampa di un anno della sua giunta: “Io sono per la libertà di amare ciascun individuo e di essere se stessi come condizione irrinunciabile per ogni essere umano ma non darò mai il patrocinio della Regione Lazio a chi fa della maternità surrogata una bandiera. Se continuiamo a confondere i temi non ne usciamo”.
Gay Pride, Rocca: “Maternità surrogata pratica barbara”
Il presidente della Regione Lazio ha commentato così la pratica della maternità surrogata: “E’ una battaglia che non fa solo una parte della comunità gay, il 70% di chi fa utilizzo di questo strumento, che è una pratica barbara per donne e bambini, è da parte di coppie eterosessuali”.
Ha aggiunto Rocca: “Vediamo in che formula mi verrà chiesto il patrocinio, se mi verrà chiesto per rivendicare il proprio diritto a non essere discriminati per il proprio orientamento sessuale e a vivere in pienezza propria identità sono pronto a sottoscrivere il patrocinio perché nessuna discriminazione verrà consentita e tollerata dall’amministrazione che presiedo. Se invece di nuovo si fa riferimento a questa pratica il diniego è già scontato. Non è una condizione da omofobo come sono stato dipinto”, ha concluso.
Lo scorso anno, la Regione Lazio aveva annunciato con questa nota la decisione di non patrocinare il Gay Pride in programma lo scorso 10 giugno: “La decisione si è resa necessaria e inevitabile a seguito delle affermazioni, dei toni e dei propositi contenuti nel manifesto dell’evento intitolato Queeresistenza, consultabile pubblicamente sul sito della kermesse tali affermazioni violano le condizioni esplicitamente richieste per la concessione del patrocinio precedentemente accordato in buona fede da parte di Regione Lazio”.
In particolare, “il testo viola le condizioni di rispetto esplicitamente richieste nei confronti delle sensibilità dei cittadini del Lazio e rivendica l’imposizione della legalizzazione di azioni illegali e vietate dall’ordinamento italiano. La firma istituzionale della Regione Lazio non può, né potrà mai, essere utilizzata a sostegno di manifestazioni volte a promuovere comportamenti illegali, con specifico riferimento alla pratica del cosiddetto utero in affitto”, recitava la nota.