Elisabetta Stellabotte, Ermelinda Cobuzzi e Cristina Fasani, già membri del “Comitato nazionale familiari vittime del Covid”, intervengono per lanciare le loro prossime iniziative. Sono infatti fuoriuscite dal comitato, non è una rottura, è una scelta fatta nel rispetto del Comitato, per dare vita a nuove iniziative in piena libertà.
Anche Luca Merico, già presidente e fondatore del comitato, ha creato un’associazione a parte, incentrata sul supporto psicologico.
Gli intenti restano comuni, ma ognuno sta concentrandosi su aspetti specifici. Progetti volti a sensibilizzare e informare l’opinione pubblica e si spera anche nel coinvolgimento dei media, fino ad oggi più propensi a nascondere il problema piuttosto che affrontarlo, come la libertà di stampa e la deontologia professionale imporrebbero.
I nuovi progetti
Tutti i progetti hanno il fine di ottenere giustizia per i propri cari. Dal protocollo Tachipirina e vigile attesa, vigile attesa di che cosa? Del peggioramento o della morte? Dall’ingresso in ospedale chi per Covid, chi per altre patologie, fino all’uscita in un sacco nero, senza benedizioni, estrema unzione e a volte senza nemmeno un funerale. Quando invece il funerale si è svolto, hanno comunque seppellito un sacco nero, senza avere nemmeno la sicurezza che all’interno ci fosse effettivamente il proprio caro.
Una pagina buia su cui però nessuno sembra intenzionato ad indagare, nemmeno l’inchiesta di Bergamo ha sfiorato l’argomento.
I familiari contestano anche il monumento per le vittime del Covid, recentemente inaugurato nel cimitero di Brescia e costato ben 90.000 €. Nel video spiegano le loro motivazioni.
Il papà di Ermelinda e la commissione di inchiesta
Ermelinda Cobuzzi racconta quanto accaduto al suo povero papà, una storia purtroppo comune a tante “vittime del Covid”. La domanda dei parenti è: “I nostri cari sono morti di Covid o di malasanità?”.
C’è tempo anche per parlare della commissione di inchiesta, che già sembra voler essere affossata da Lega e Forza Italia, peraltro complici delle decisioni del governo Conte e soprattutto di quello Draghi, quindi ben poco interessati a fare chiarezza. Commissione di inchiesta che comunque non assicurerebbe i responsabili alla giustizia. Dovrebbe muoversi la magistratura, non solo quella di Bergamo, ma sembrerebbe che non se ne voglia proprio occupare.