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L’approfondimento del giovedì a Non solo Roma con la redazione di “Pink Magazine Italia”

Orfani di femminicidio, un dramma ancora troppo sottovalutato

Ospite in collegamento Cinzia Giorgio, direttrice di “Pink Magazine Italia

Nell’ultimo fine settimana d’inverno nella Capitale una bambina cinese di 5 anni ha assistito al femminicidio della mamma ed è corsa a cercare aiuto. Oltre un minore su quattro assiste all’omicidio di sua madre.

Oltre 1 minore su 4 (il 28,6%) era presente e ha assistito in maniera diretta all’omicidio della mamma. Altri 17 (40,5%) erano presenti “in modo indiretto”, vale a dire che pur non avendo assistito si trovavano nella stessa casa al momento del delitto. Altri 13 (31%) si trovavano per certo in un altro luogo. Dati spesso nascosti dal clamore momentaneo della notizia. Dati presenti nel documento “La tutela degli orfani per crimini domestici” realizzato dalla Consulta nazionale delle associazioni e delle organizzazioni – istituita e presieduta dall’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza – con il supporto tecnico scientifico dell’Istituto degli Innocenti.

Minori che restano soli, traumatizzati, orfani della madre e con il padre in carcere, talvolta suicida. I bambini e i ragazzi orfani a seguito di un crimine domestico costituiscono il volto nascosto della violenza di genere. È facile dimenticarsi di loro quando si affronta il tema della violenza sulle donne. Nell’ultimo fine settimana d’inverno nella capitale la figlia della vittima e dell’assassino, una bambina cinese di 5 anni, ha assistito alla scena e poi è corsa a cercare aiuto. Proviamo a immaginare il suo dolore, comune a quello di tanti orfani di femminicidio.

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Quegli amorosi sensi tra ciclo, ormoni e cervello

Un team dell’Università della California a Santa Barbara ha scoperto che il cervello subisce delle variazioni durante il ciclo mestruale, seguendo le fluttuazioni ormonali. I risultati della ricerca sono stati pubblicati su BioXriv e sono attualmente in fase di revisione.

Prima della pubblicazione formale sulle apposite riviste accademiche, gli articoli scientifici e medici attraversano una fase di peer review. Si tratta di un processo secondo cui chiunque sia interessato può leggere il lavoro pubblicato. Può inoltre controllarlo e fornire le proprie opinioni che possono anche essere in disaccordo con l’articolo.

Per questo motivo, leggere e parlare di un articolo non ancora pubblicato sulle riviste accademiche deve essere fatto con le giuste precauzioni. La ricerca potrebbe essere valida al 100% così come solo parzialmente o addirittura del tutto smentita.

“Ma che hai il ciclo?” Quanto spesso capita di sentire questa frase? Oggi giorno è diventato un modo per indicare qualcuno (non solamente di sesso femminile) con la luna storta e magari una cattiveria in bocca da elargire a chiunque capiti a tiro. L’origine di questa frase, però, è legata all’emotività e/o irritabilità delle donne in certe fasi del ciclo mestruale. La causa di questi famosi “sbalzi d’umore” femminili, come si è soliti definirli, è da ricercarsi negli ormoni.

La dottoressa Elizabeth Rizor, a capo di un team di ricerca presso l’Università di Santa Barbara, California, è riuscita a fotografare il cervello di alcune donne notando dei mutamenti a dir poco eccezionali.

Con la risonanza magnetica i ricercatori hanno potuto osservare le variazioni che si generano all’interno del cervello femminile. La ricerca ha coinvolto trenta donne con un’età media di ventidue anni. Lo studio ha portato alla luce dei cambiamenti anatomici che si verificano sia nella cosiddetta materia bianca che in quella grigia. Durante le varie fasi del ciclo si hanno, quindi, variazioni nel numero di neuroni e nella densità degli assoni.

Durante il ciclo molti ormoni variano la propria concentrazione. Per esempio, l’ormone 17 beta estradiolo subisce un incremento dopo la mestruazione e rimane presente in quantità elevate fin dopo l’ovulazione.

Gli scienziati si sono resi conto che, per l’appunto, la variazione di ormone 17 beta estradiolo e luteinizzante, produce un incremento di materia bianca. Allo stesso modo, il progesterone e gli ormoni follicolo-stimolante sono responsabili delle variazioni di spessore corticale. Queste variazioni, però, non sono omogenee. Dalla ricerca è risultato che il cervello non risponde alle variazioni di concentrazione ormonale allo stesso modo e nelle stesse zone.

Nella pubblicazione si legge che: “Questi risultati sono i primi a definire un legame che unisce contemporaneamente i cambiamenti nella microstruttura della materia bianca e dello spessore corticale con le fluttuazioni ormonali che si sviluppano durante le varie fasi del ciclo femminile.”

Nonostante si possa quindi dedurre che questo genere di studi sia solo agli inizi, si può ben sperare in nuove scoperte nel prossimo futuro. Forse, la ricerca della Dottoressa Rizor fornirà le basi per comprendere i cambiamenti comportamentali ed emotivi che avvengono in molte donne durante il ciclo.

L’insostenibile leggerezza del rosa

Se Ken ruba i colori a Barbie, il rosa fa subito tendenza tra ilarità ed emulazione. Tutti gli uomini, dopo Ryan Gosling, vorranno vestirsi di rosa per provocare? Eppure la storia ci insegna che questo colore non è sempre stato una prerogativa femminile, anzi. Non è altro che un ritorno alle origini, perché i maschi hanno sempre indossato abiti di questa tinta.

Un Oscar in rosa. La vittoria morale del film Barbie di Greta Gerwig con Margot Robbie sul palco dell’Academy Award 2024 è stata di Ryan Gosling nei panni di Ken. È comparso sul palco cantando I’m Just Ken in un completo fucsia con paillettes di Gucci. Un’immagine dirompente che ha saputo rilanciare un colore che non ha sesso.

Il rosa deriva dal rosso ed è ammorbidito dalla purezza assoluta del bianco e forse è proprio per questo che viene spesso associato a un trend positivo. Il rosa è comparso per la prima volta verso la fine del Settecento e non come sinonimo di femminilità. Ci sono esempi ancora più antichi risalenti all’VIII secolo nelle corti giapponesi in cui veniva indossato dagli uomini. Il “Pink Suit” di Jay Gatsby nel capolavoro di F. Scott Fitzgerald, Il Grande Gatsby, del 1925, viene indossato da Robert Redford nella prima versione cinematografica. E successivamente da Leonardo Di Caprio nel remake.

Il rosa era considerato un simbolo di passione e mascolinità, una visione del rosso più adatta alla vita sociale che si allontanava dall’accezione a cui era legato. Negli anni Quaranta è arrivata la distinzione tra indumenti femminili in rosa e maschili in blu senza alcun motivo specifico. La mostra Think Pink che si è tenuta da ottobre 2013 a maggio 2014 al Museum of Fine Arts di Boston sulla storia e l’impatto sociale del colore rosa è un’altra dimostrazione di come non fosse associato ad alcun genere. 

La curatrice Michelle Finamore lo ha confermato attraverso diversi quadri in esposizione come il dipinto del XVII secolo che ritrae due bambini che indossano vestiti femminili, uno rosa e uno giallo. Virginia Woolf ha affermato nel suo romanzo Orlando: “In ognuno di noi presiedono due poteri, uno maschile, uno femminile. La mente androgina è riposante e porosa, naturalmente creativa, incandescente e completa”.

L’estate 2020 è stata dominata da una vera e propria restaurazione rosa nelle collezioni maschili. Lo abbiamo visto indossare da Timothée Chalamet, icona dei millenial, a David Beckham in diverse varianti dalla camicia alla pashmina. Pierpaolo Piccioli nella collezione Pink PP dell’autunno-inverno 2022 ha inserito la nuance del fucsia, un rosa intenso e shocking che ci ha conquistato da subito, un colore travolgente che non ci fa passare inosservati indossandolo.

Lewis Hamilton, sette volte campione del mondo di Formula 1, è stato testimonial della campagna della collezione maschile indossandolo anche in passerella osando uno stile radicale in maniera impeccabile all’insegna di uguaglianza, diversità e sopratutto amore come ha scritto nel suo profilo Instagram. Il rosa è diventato ufficialmente un colore genderless grazie anche alla scioltezza nell’indossarlo delle celebrities: felpe, giacche, scarpe, abiti, smoking. Non dimentichiamo il ritorno del rosa lo dobbiamo ad Alessandro Michele che nel 2020 lo ha presentato per Gucci alla Milano Fashion Week. Il rosa è stato presentato anche nelle collezioni 24-25 di PFW da Iseey Miyake, Yohji Yamamoto e Dries Van Noten.

Sotto il glitter rosa c’è di più. Barbie di Greta Gerwig ci ha permesso anche di vedere l’iconica bambola con occhi diversiSignificativo il monologo di Gloria, alias America Ferrera (candidata come miglior attrice non protagonista), amica di Barbie: “Sono così stanca di guardare me stessa e ogni altra donna distruggersi per piacere agli altri”.