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L’approfondimento del giovedì a Non solo Roma con la redazione di “Pink Magazine Italia”

Disparità di genere. Dove sono le donne nelle redazioni?

Ospite in collegamento Cinzia Giorgio, direttrice di “Pink Magazine Italia

La disparità di genere pare dilagare in ogni ambito, e più si scava e più si trovano discriminazioni nei confronti delle donne. Questo tipo di ricerche non poteva non comprendere anche il mondo dell’informazione, e i dati che emergono non sono incoraggianti.

Il mondo giornalistico italiano è ben rappresentato da ambo i sessi. Gli uomini sono pari all’58,4%, le donne sono il 41,6%. Sembrerebbe un dato incoraggiante, peccato che questa omogeneità di presenza si annulli quasi completamente quando si analizzano quante di queste giornaliste occupano ruoli apicali. Qui i dati sono decisamente meno incoraggianti e la disparità di genere dilaga. Nei quotidiani le direttrici sono il 3,5%, nei settimanali il 16,7%, la maggior presenza la riscontriamo nei mensili, ben il 45,9% (Dati AGICOM).

Essere direttore di un giornale certo consolida uno status lavorativo, sottolinea la bravura e la competenza della persona che viene chiamata a ricoprire quel ruolo. Ma è solo questo? No, essere direttore di un giornale è anche e soprattutto dettare una linea di comunicazione e di linguaggio atti a veicolare una determinata notizia. 

Essere uomo o donna al vertice fa la sua differenza, e diversi studi (come evidenzia la Fondazione Veronesi) hanno fatto emergere come il modo di raccontare alcune notizie cambi. Non è una questione di essere più o meno bravi, la differenza sta nel diverso punto di vista. La disparità di genere in questo caso porta ad avere una sola veduta della notizia data, offrendo così ai lettori un univoco filtro di interpretazione che non può sicuramente incontrare l’attenzione di tutti.

La disparità di genere, la disparità di vedute possono dunque esprimere la pluralità di pensiero? Ovviamente no, come è ovvio che la società intera non può dire di essere rappresentata dall’informazione per come è concepita ancora oggi. Sono moltissime le categorie che non trovano spazio sui giornali e questo perché non vi è nessuno all’interno delle redazioni che possa portare avanti il loro linguaggio.

Come non notare che tra i giornalisti, uomini e donne, vi siano pochissimi, e quasi solo nel web, giornalisti di seconda generazione? La loro presenza ormai è fondamentale se si vuole dare una notizia utilizzando un linguaggio puntuale e appropriato. Il pluralismo sociale è ormai una realtà consolidata che il mondo dell’informazione non può ignorare, ma per raccontarlo al meglio ha bisogno di soggetti che conoscano a fondo quelle realtà ma che soprattutto siano scevri di qualsiasi precocetto atto a falsare la realtà oggettiva dei fatti.

Sicuramente il giornalismo del domani dovrà divenire il più inclusivo e il più pluralista possibile. Il mondo dell’informazione ha più che mai un ruolo fondamentale di questi tempi e le disparità, di qualsiasi natura esse siano, non possono e non devono trovare spazio nelle redazioni. Le giornaliste in questo senso dovranno avere sempre più peso, perché un’informazione trasversale è un’informazione libera.

Con le mani nei capelli. Storia e tendenze in un riscatto sociale

Con le mani nei capelli, una storia tra frange e ciocche ribelli. Studentesse e studenti della 1A del corso di Acconciatura, a lezione di “comunicazione digitale” stanno imparando, con grande interesse e ottimi risultati, a promuovere il loro futuro lavoro. In questo articolo Chiara P. , Federica M., Patrizia M. e Emmanuel P., firmano una breve storia delle acconciature iconiche degli anni Sessanta. La coordinatrice scolastica, Alessandra de Mercato, ci illustra il progetto nell’intervista.

Negli anni Cinquanta le donne avevano dimostrato di voler rompere gli schemi provando tagli corti e colorati.

Gli anni Sessanta hanno il desiderio di sperimentare Hair Cut molto femminili. I nuovi stili sono influenzati dalle correnti musicali. Questo decennio ha segnato un grande  cambiamento dell’ Hair Style, uno degli esempi iconici di questo cambiamento è rappresentato dal caschetto cotonato con le punte risvoltate di Jacqueline Kennedy e dal volume accompagnato dal liscio spettinato morbido di Brigitte Bardot.

Brigitte Bardot, anche conosciuta come B.B. (Parigi, 28 settembre 1934), è un’attrice, ex modella, cantante e attivista francese. Dopo gli esordi come danzatrice classica, diviene prima modella, posando per varie copertine di riviste di moda e poi attrice iconica del panorama cinematografico francese.
Negli anni del successo fu consacrata consacrò come un’icona sexy. Dal 1962, inoltre, è un’attivista per i diritti degli animali, il suo abbandono al mondo del cinema è avvenuto nel 1973.

Jacqueline Kennedy, detta Jackie, era nata 28 luglio del 1929 è stata una First Lady statunitense. Fu la moglie di John Kennedy, presidente degli Stati Uniti d’ America, icona di stile per donne di tutto il mondo.

Il Lob di Jacqueline Kennedy era una delle acconciature più semplice degli anni Sessanta. Taglio che termina sotto al mento e va bene per qualsiasi forma del viso perché riesce a valorizzare, e può essere anche un taglio molto sofisticato se portato con una linea centrale o con un ciuffo più marcato.

In quegli stessi anni anche lo chignon fa tendenza spesso associato a una frangia e ciocche ribelli. E diventa stile distintivo di dive come Audrey Hepburn in Colazione Da Tiffany.

Lo stile Pixie era appropriato invece per chi desiderava un taglio di tendenza. Pratico e sbarazzino con mini frangette che definivano ogni look, un po’ più “rock”.

Oggi nel 2024 l’acconciatura cotonata è tornata di moda basta guardare Margot Robbie star del film Barbie, che richiama tipicamente lo stile anni Sessanta.

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Upcycling, comprare meno senza rinunciare alla moda

L’Upcycling è una forma di sostenibilità della moda nata grazie al riciclo e alla creatività. Si tratta di capi realizzati con tessuti di scarto, attraverso un processo di produzione con meno acqua, energia e materie prime. Si realizzano così nuovi abiti attraverso la creatività e per dare una seconda vita a capi provenienti dal guardaroba di famiglia.

Marien Serre di cui abbiamo visto la collezione FW24 all’ultima PFW ha applicato il principio di sensibilizzazione nei riguardi dell’impatto ambientale celebrando l’emancipazione della donna. Ha utilizzato pezzi unici di gioielleria riciclata per completare i suoi look. Anche i brand internazionali stanno dando il loro contribuito di un approccio alla sostenibilità creando prodotti Upcycled o attingendo dagli archivi o materiali già utilizzati. Come Maison Margiela con il progetto Recicla, che è nato da una combinazione di riciclo e replica con l’obiettivo di recuperare articoli del passato in nuove creazioni.

Oppure Prada in collaborazione con Aquafil, azienda rinomata per la produzione di fibre sintetiche, che ha creato Re-nylon. Il nylon è da sempre emblema del brand e in questo caso si tratta di nylon rigenerato dalla materie plastiche. E ancora Balenciaga che nella sua ultima collezione ha fatto sfilare un Upcycled sartoriale. La regina assoluta resta comunque Stella McCartney, impegnata nella moda etica e sostenibile sin da quando ha lanciato il suo brand nel 1995.

L’Upcycling è creatività, senso innato della moda e soprattutto emozione. Si gioca quindi con gli abiti di famiglia che amiamo ma anche per recuperare un capo a cui siamo legate da momenti, ricordi speciali. Nel mio caso mi lega a mia madre, che ho perso a causa del morbo di Alzheimer e della quale indosso i suoi vestiti. Gli esempi sono molteplici perché l’upcycling si può applicare anche a capi second hand o del mercatino, ispirandoci sia alla nostra creatività che dai cambiamenti della moda.

La prima forma di Upcycling è il riutilizzo di capi per motivi economici. Basti pensare alle famiglie del Dopoguerra che riadattavano cappotti, giacche fino a che il capo si logorava. Oggi sono gli stilisti emergenti ad applicarlo per creare una collezione a basso impatto ambientale ma soprattutto a basso costo economico a cui aggiungere capi completamente nuovi per farsi conoscere.

Tanto che si trovano collezioni realizzate con scampoli per mancanza di fondi che hanno evidenziato la sartorialità e a creatività degli stilisti. Sono le giacche e le camicie i capi principali utilizzati perché consentono più facilmente di effettuare lavaggi per modificare i colori del tessuto. Di applicare stampe e ricami e combinare tessuti diversi per renderle contemporanee.

Iris Apfel una delle icone della moda ha affermato: “Dovete imparare a vestirvi seguendo chi siete, non i trend. Dovete guardarvi allo specchio e vedere voi stessi, non qualcun altro”. Non bisogna rinunciare allo shopping ma privilegiare uno shopping selettivo che offre l’opportunità di avere una storia nel nostro guardaroba che ci appartiene e sottolinea chi siamo. Ecco come si impara a comprare meno senza rinunciare alla moda. Anche questo è un esempio di Upcycling!

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